“Il dato più importante è che le fiere in presenza si confermano uno strumento che le imprese ritengono fondamentale per il loro sviluppo, soprattutto all’estero. Gli operatori ci credono e lo stiamo vedendo in queste settimane dalla partecipazione alle nostre manifestazioni, superiore a ogni attesa“, attesta Maurizio Danese, presidente dell’Associazione delle fiere italiane (Aefi). La ripartenza delle fiere italiane ha sorpreso tutti per l’adesione degli operatori (di cui molti da Paesi extra europei) e per il volume di ordini e contatti registrati.
Anche se sono numeri ancora lontani dai livelli pre-Covid (numeri che non basteranno a risollevare i bilanci delle fiere italiane, appesantiti da un deficit del 75% di ricavi), si da comunque fiducia nel prossimo anno, spiega Danese: “Nel 2021 mi aspetto che i ricavi complessivi per il settore saranno ancora attorno al 50% rispetto a quelli pre-Covid, perchè ricordiamo che siamo stati fermi per un semestre, con un crollo del 95% dei fatturati. Ma il 2022 tornerà a essere un anno di business vero“.
Nelle fiere, quindi, si torna a fare business e chi dava per superato questo strumento si è dovuto ricredere, spiega Corrado Peraboni (amministratore delegato di Italian Exhibition Group): “Le fiere in presenza funzionano e servono alle imprese. Ovviamente, dovremo ripensare le strategie. Sono convinto che assisteremo a una progressiva continentalizzazione delle fiere e questo rende necessario attrezzarsi per fare più manifestazioni in giro per il mondo“. Su questa strada si stanno orientando del resto tutti i principali gruppi fieristici italiane, che soprattutto nell’ultimo anno hanno accelerato nelle strategie di internazionalizzazione, attraverso partnership all’ estero con gruppi locali o internazionali, oppure per conto proprio.