Il prossimo 8 settembre, Palazzo Chigi sarà di nuovo il palcoscenico di discussione per il tavolo tecnico in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali. Questa riunione promette di essere cruciale, poiché si affronteranno i dati relativi alle aree disponibili e la confusione interpretativa sulla scadenza delle concessioni attuali richiederà una risposta definitiva da parte del governo. In questa fase critica, emerge che il 70% del litorale italiano non è occupato, ma la sua concessione non è scontata.
Secondo quanto riportato dal Sole-24 Ore, l’aggiornamento della mappatura condotta dai tecnici governativi, con un ruolo chiave del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rivela che solo il 28% delle coste italiane risulta non disponibile. Questi dati sembrano sostenere la posizione delle associazioni dei concessionari e di alcuni parlamentari di FdI, Lega e Forza Italia, secondo cui non esiste una “scarsità di risorsa naturale”. Questa interpretazione metterebbe in discussione l’obbligo di mettere all’asta tutte le concessioni in scadenza, senza possibilità di proroga, poiché l’Italia potrebbe negoziare con l’Unione Europea l’asta esclusivamente per le aree di spiaggia libera, rappresentanti quasi il 70% del totale. Tuttavia, il quadro non è così semplice, poiché la lettura dei dati e dei criteri utilizzati è fondamentale e sarà oggetto di discussione nell’incontro del 8 settembre.
Il calcolo sembra essere stato effettuato includendo una vasta gamma di elementi, tra cui campeggi, strutture alberghiere, aree portuali e militari. Questa ampia definizione richiederà un’attenta calibrazione se si intende presentare la questione a Bruxelles, poiché la disponibilità di un tratto di costa non implica automaticamente che sia idoneo per la concessione. Inoltre, sarà fondamentale trovare un accordo convincente agli occhi dell’Unione Europea tra dati a livello nazionale e regionale, tenendo conto delle diverse normative regionali che stabiliscono percentuali precise per la destinazione delle coste tra stabilimenti balneari e spiagge libere.
All’interno del governo italiano, non c’è una posizione univoca riguardo alla strategia da seguire nei confronti dell’Unione Europea. Il ministro degli Affari Ue, Pnrr e coesione, Raffaele Fitto, sembra ancora incerto sulla strategia basata sulla “non scarsità di risorsa naturale”. La principale sfida rimane l’incertezza giuridica, e il tempo a disposizione per chiarire la situazione è limitato. Nel novembre 2021, il Consiglio di Stato ha annullato la proroga delle concessioni fino al 31 dicembre 2033, riconoscendone la validità solo fino al 31 dicembre 2023. Tuttavia, il Consiglio di Stato aveva specificato che qualsiasi ulteriore proroga automatica oltre questa data sarebbe stata immediatamente disapplicata. Nonostante ciò, a febbraio, con il decreto milleproroghe, il governo ha bypassato la sentenza di Palazzo Spada e ha approvato una proroga di un anno, estendendola fino al 31 dicembre 2024.
In conclusione, la discussione sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali in Italia è complessa e in evoluzione. Mentre sembra che una grande parte del litorale sia ancora disponibile, la definizione dei criteri e l’interpretazione dei dati rimangono un punto critico. Il governo italiano deve affrontare questa sfida con chiarezza e coerenza per trovare una soluzione che risponda alle esigenze della comunità, dei concessionari e delle direttive europee.