Logistica. L’intelligenza artificiale guida la movimentazione delle navi, i sensori assicurano sicurezza, i dati anticipano i congestionamenti di traffico: anche nel trasporto fisico la tecnologia fa la differenza.
«Oggi il digitale ridisegna la gestione fisica delle merci. La nostra piattaforma di intelligenza artificiale permette di movimentare le navi. Con i sensori garantiamo sicurezza e protezione ambientale dei mari». Così spiega Byeolteo Park, ad di Seadronix, intervistato da TechCrunch. Questa start up sudcoreana nata sette anni fa e impegnata a ridurre il problema degli incidenti marittimi – il 75% è causato da errori umani, secondo un rapporto di Allianz – si è appena aggiudicata un round serie A da 5,8 milioni di dollari. Obiettivo ambizioso per i tre fondatori con un passato da ricercatori impegnati nell’analisi dei dati: rendere ancora più performanti i sistemi di monitoraggio nella fase di attracco grazie a sensori hi-tech che legano banchine e navi cargo. La start up nasce da uno studio che ha coinvolto la gestione di tre porti dotati di tecnologia 5G: Rotterdam, Amburgo e Singapore.
Il paradosso di questi anni connessi è che non sono mai stati così tanto strategici per la movimentazione fisica di merci di qualsiasi natura, da una parte all’altra del mondo. Perché se è vero che la digitalizzazione ha ottimizzato la fase di scelta e acquisto, c’è tutta una parte di logistica ancorata a dinamiche tradizionali che passano per le autostrade marittime. Oggi per i porti del mondo sono movimentati 12 miliardi di tonnellate di merce, il 90% dei volumi di commercio internazionale. Questi flussi si concentrano prevalentemente in Asia (54%), a seguire America (18%), Europa (15%), Oceania (8%) e Africa (6%). L’Italia contribuisce con 480,6 miliardi di tonnellate l’anno, mostrando un trend in crescita.
Ma la consapevolezza del mercato emerge solo in situazioni di crisi. Perché in parte si dà tutto per scontato. Un anno e mezzo fa, in piena emergenza pandemica, il mondo intero è rimasto col fiato sospeso vedendo la gigantesca nave portacontainer Ever Given incagliata nel Canale di Suez a causa di forti venti. Da quel blocco si è generato per sette interminabili giorni un ingorgo con quattrocento navi che ha messo a repentaglio l’economia mondiale. Eppure la tecnologia può fare la differenza. Seppur ancorati a un contesto fisico, i porti sfruttano le potenzialità del digitale. «Gli hub portuali sono sempre più il concentrato di tecnologie e competenze per essere pronti a fronteggiare le esigenze di efficienza e tracciabilità nella movimentazione logistica delle merci, di competitività su tempi e costi, di efficienza dei collegamenti intermodali, di sicurezza e spinta alla sostenibilità ambientale ed energetica. Le evoluzioni tecnologiche stanno conducendo a una rapida trasformazione dei mestieri in porto. Oggi sono richieste competenze specialistiche per eseguire anche lavori da remoto, per telecomandare mezzi operativi, per programmare interi sistemi di gru e
trasloelevatori. Servono poi competenze di programmazione, automazione e data analysis per proiezioni strategiche», afferma Antonella Scardino, segretario generale del Mar Adriatico Settentrionale.
Così capitale tecnologico e umano trovano una sintesi in questi spazi che sanno di futuro, ma che sono legati alla storia dell’uomo. «La tecnologia oggi permea tutti gli ambiti portuali e terminalistici, dall’ambito operativo a quello strategico, passando per la sicurezza e le componenti tecnico-infrastrutturali. Trovano spazio tecnologie basate su algoritmi predittivi e di autoapprendimento, Ai, Internet of Things e interoperabilità», precisa Scardino. Si moltiplicano mezzi operativi a guida autonoma, gru e carroponti telecomandati e automatizzati con piazzamento robotizzato dei container, sistemi già attivi nei terminal del Nord Europa.
«Nel campo della security sono in corso sperimentazioni di videosorveglianza con nitidezze e frame precisi e ad ampio spettro, applicazioni di riconoscimento facciale, rilevazione e lettura targhe. In campo decisionale alcune realtà stanno sviluppando soluzioni di big data che abilitano il supporto alle decisioni di management attraverso algoritmi di analisi di flussi di traffico integrate ad informazioni su linee disponibili, prezzi, tempi di percorrenza, soluzioni di intermodalità e dati di contesto. L’automazione portuale richiederà la trasmissione di dati in modalità sicura che spingerà la diffusione massiva di programmi di implementazione di fibra e di cybersecurity», dice Scardino.
La chiave vincente sta nell’interpretare il cambiamento, adottando le soluzioni più coerenti con le varie necessità, utilizzando tecnologie decentralizzate. Perché distribuire i dati migliora performance e sicurezza. Poche settimane fa il Dipartimento dei trasporti degli Stati Uniti ha lanciato un progetto pilota di condivisione dei dati della catena di approvvigionamento. Obiettivo: alleggerire i colli di bottiglia nei porti congestionati. Facendo così le performance dei porti sono raddoppiate, come evidenzia Reuters. «Piattaforme e blockchain trasformeranno la logistica», ha titolato pochi mesi fa l’Harvard Business Review. «Almeno tre fattori stanno spingendo il settore verso l’adozione di piattaforme tecnologicamente evolute: nuove infrastrutture, dati logistici più ricchi e una pressione incessante per ridurre i costi. Il futuro sarà segnato dalla blockchain e da una capacità decentralizzata e rafforzata. Oggi i modelli consentono di distribuire valore in tutti gli anelli della catena», ha scritto Geoffrey Parker su Harvard Business Review. Così la supply chain del futuro passa anche da una responsabilità diffusa.
© Fonte Originale il Sole 24 Ore
Scritto da Giampaolo Colletti