Con le 27 start up neonate il totale sale a 630. Il 69% dei fondi attratto da Milano Giorgino: «Il trend è molto positivo, serve un lavoro congiunto di tutti i soggetti»
Il 2022 é stato un anno difficile per il mondo finanziario e assicurativo di fronte al drastico mutamento delle condizioni geopolitiche e macroeconomiche. Ma questo non ha frenato l’innovazione. Anche in Italia, dove quest’anno sono nate 27 nuove start up in ambito fintech, portando a 630 il totale delle realtà innovative attive. Peraltro i finanziamenti hanno toccato il record di 934 milioni di euro, a un soffio dal traguardo del miliardo, portando a 3,7 miliardi il totale dal 2009 a oggi, con due realtà italiane (Scalapay e Satispay) che hanno raggiunto lo status di unicorni. «Nel complesso l’ecosistema italiano ha risentito meno della crisi internazionale rispetto al resto del mondo. La raccolta delle startup italiane è stata record e i ricavi sono in forte crescita, di circa il 70%. Evidentemente i punti di partenza non erano così elevati, ma il trend è certamente molto positivo», commenta Marco Giorgino, direttore scientifico dell’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, che oggi presenta il report sul settore. «Le 27 nuove start up testimoniano la presenza di nuove idee e le volontà imprenditoriali di founder italiani. Sul lato della domanda, sempre più clienti sono educati all’uso dei canali bancari digitali, con una penetrazione del 63% nell’home banking e del 55% nel mobile banking».
Il sistema continua però a soffrire di vecchi problemi. Il livello di investimenti rimane decisamente basso rispetto agli altri mercati europei: il Regno Unito si conferma la culla del fintech con la metà dei 35 miliardi di euro raccolti negli ultimi cinque anni, ma Francia e Germania si attestano su livelli superiori ai 3 miliardi. Permane inoltre un alto livello di concentrazione: la quasi totalità dei fondi è a favore di poche realtà (il 5% ha raccolto il 90% del totale); Milano è il centro che catalizza gli investimenti (69% del totale) e ci sono sottosettori che ancora fanno fatica a decollare, a partire dall’insurtech, che ha attratto solo il 6% dei fondi totali nel 2022. «Nonostante la buona crescita, esiste ancora un gap con gli altri Paesi – prosegue Giorgino -. Bisogna considerare che il mercato italiano è un mercato piccolo rispetto a molti altri. La crescita continua, la grande attenzione delle autorità di vigilanza e regolamentari e la convergenza da parte anche di altri stakeholder, tuttavia, fanno prendere consapevolezza delle potenzialità».
Il rapporto dell’Osservatorio sottolinea come nel 2022 si registrino segnali positivi sulla crescita dei ricavi – i ricavi mediani per start up previsti a fine anno sono quasi doppi rispetto all’anno prima –, ma ancora non si generano stabilmente Ebitda e flussi di cassa positivi, si guarda poco ai mercati esteri (solo il 44% è in grado di offrire i propri servizi all’estero), non si attirano stabilmente fondi internazionali e i risultati effettivi delle partnership appaiono ancora troppo limitati. «Serve un lavoro congiunto di tutti gli stakeholder coinvolti: Vc nazionali e internazionali, centri di incubazione, università, autorità e governo. Le start up dovrebbero ampliare le loro prospettive, guardare maggiormente ai mercati esteri, porre attenzione alla governance, saper bilanciare ascolto e caparbietà. Anche gli incumbent però possono e devono avere un ruolo, innovando, avendo il coraggio di collaborare maggiormente con tutti gli attori dell’ecosistema».
Un trend sempre più in evidenza punta sul Banking-as-a-service, con un modello operativo che prevede un istituto finanziario autorizzato che offre i propri servizi e la propria licenza a un attore non autorizzato, una qualsiasi digital company, la quale si occuperà delle interazioni con il cliente finale e dell’esperienza d’uso. Quando poi il prodotto dell’intermediario finanziario è integrato nel customer journey di attori non finanziari, siamo nel campo dell’embedded finance. E i consumatori sono oggi più che mai aperti a questo tipo di proposta di servizi finanziari da parte di operatori specializzati, mentre sono diffidenti nei confronti di offerte di attori non finanziari.
© Fonte Originale Il Sole 24 Ore
Scritto da Pierangelo Soldavini